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sabato 21 ottobre 2017

LE MEMORIE MIGRATORIE DEL MUSEO DI ACQUAVIVA PLATANI

Immagini e documenti dell'esodo di massa che ha spopolato il paese celebrato da Vittorini e Quasimodo 

Immagini del Museo dell'Emigrazione ad Acquaviva Platani,
il paese della provincia nissena che dagli anni Cinquanta
vive un costante e progressivo spopolamento.
Le fotografie sono di ReportageSicilia



Ci sono fotografie di nuclei familiari ingiallite da tempo e quelle storiche delle miniere di salgemma e zolfo, che, sino agli inizi degli anni Cinquanta, fecero di Acquaviva Platani un prospero paese di 4.000 abitanti.
E ci sono poi gli oggetti di ciò che accadde "dopo": vecchie valigie e vecchi passaporti con i visti d'ingresso per Inghilterra, Belgio, Francia, Stati Uniti e Canada, ed ancora i 78 giri di Caruso e gli oggetti del lavoro domestico che gli emigrati acquavivesi portarono con sé.


Il Museo dell'Emigrazione di Acquaviva Platani è così un luogo di forte identità locale.
Qui i parenti e gli amici di chi è andato via ritrovano volti e storie familiari del passato; e qui, gli anziani emigrati ed i loro figli e nipoti tornati in paese per le feste di Pasqua o di Natale riconoscono le proprie origini.
Legate a quei ricordi,  di questo centro adagiato sulle colline del Platani rimangono le descrizioni letterarie di Elio Vittorini e Salvatore Quasimodo:


"Pensate un po' ad Acquaviva, molto lontana nello spazio: una solitudine in bocca ad un monte" ( "Conversazioni in Sicilia" )


"Forse / dà fiato ai pianori di Acquaviva / dove il Platani rotola conchiglie / sotto l'acqua / fra i piedi dei fanciulli / di pelle uliva" ( "Che vuoi, pastore d'aria?" )

Il Museo - fondato nel 2005 e curato con orgoglio da Maria Luisa Noto - è un piccolo vanto per questo comune della provincia nissena, oggi alla prese con un inarrestabile spopolamento.






I residenti sono appena 932, il 60 per cento dei quali d'età superiore ai 60 anni.
Nel tentativo di favorire l'afflusso di nuovi abitanti, l'amministrazione comunale ha deciso di vendere ad un euro gli immobili in stato di abbandono.
Nel frattempo, si fatica però a costituire le classi della scuola primaria e secondaria.
Insieme a poche attività commerciali, un'azienda di coltivazione di origano e una dedita alla pollicoltura sono gli unici abbozzi di impresa: la penuria di lavoro scoraggia chi non vorrebbe partire.





La visita al Museo fa insomma capire quanto l'abbandono del proprio paese continui ad essere per gli acquavivesi una scelta di vita obbligata.
Intere famiglie - i Solazzo, i Picone, i Mistretta, i Militello, gli Alfano - hanno alimentato in passato un esodo che iniziava con il trasferimento a Caltanissetta, prima tappa di viaggi lunghissimi in treno ed in nave.
La prima emigrazione da Acquaviva Platani risale alla metà dell'Ottocento, ed ebbe come meta la costa Est degli Stati Uniti: New York, New Jersey e Pennsylvania.
Ritroviamo gruppi di acquavivesi in una fabbrica di birra, a Meadville ( PA ), e nelle miniere e nelle fattorie agricole di Utica ( NY ).



All'interno del Museo, si apprezza lo spirito imprenditoriale messo in mostra da molti di questi emigrati.
Pannelli e fotografie immortalano i locali "La Concordia" e "Lo Sceriffo" dei fratelli Militello e di Salvatore Alfano, l'oreficeria di Calogero Giambrone, l'hotel "Orlando" di Giuseppe Orlando ed il ristorante "La Zingarella" di Calogero Vullo.
Colpisce poi il ricordo del ruolo degli usurai, figure costanti nelle storie di migrazioni di ogni tempo: a loro si rivolgevano gli acquavivesi per finanziare i costosi viaggi all'estero, esattamente come accade oggi a tanti migranti africani che approdano nei porti siciliani.



Così, il piccolo Museo di Acquaviva Platani è un luogo dove riflettere sul millenario viaggio dell'uomo alla ricerca del proprio futuro e sul rischio di una desertificazione sociale della Sicilia: un fenomeno che coinvolge ai nostri giorni sempre più ragazzi e ragazze che abbandonano un'Isola diventata ormai terra di transito e di partenza fra continenti. 


    


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