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venerdì 12 maggio 2017

COLLOQUI CON PIRANDELLO A ZURIGO

Nel 150° anniversario della nascita dello scrittore agrigentino, riproponiamo i contenuti di un articolo-intervista di Giulio Caprin apparso nel marzo del 1927 sulla rivista "La Lettura"


Luigi Pirandello studente a Bonn.
Le fotografie sono tratte dalla rivista "La Lettura",
opera citata 
Nel marzo di 90 anni fa la rivista mensile "La Lettura" allegata al "Corriere della Sera" pubblicò un reportage intitolato "Colloqui con Pirandello".
L'autore del lungo articolo - il giornalista, saggista e scrittore triestino Giulio Caprin - raccontò di un incontro avuto con Pirandello a Zurigo, durante una conferenza organizzata all'interno della sala da concerti della "Tonhalle".
Lo scrittore agrigentino, in quella occasione, ebbe a leggere "a guisa di conferenza" la prefazione ai "Sei personaggi in cerca di autore", sua ultima produzione letteraria.
Pubblico e giornalisti affollavano la sala, e, come scrisse Caprin, al termine della lettura "a Zurigo, città europea e riflessiva, le domande furono discrete e sensate. 
Per le risposte c'era anche l'interprete: il traduttore tedesco di Pirandello, fedelissimo in tutti i sensi, il dottor Feist, giovane biondo e assorto".
In occasione del 150° anniversario della nascita dello scrittore agrigentino, ReportageSicilia ripropone alcuni stralci di quell'articolo.  
Sono tasselli certamente minori nella sterminata produzione critica dedicata a Luigi Pirandello, che però tratteggiano alcuni aspetti letterari e personali di quello che Giulio Caprin definì "un antiletterato per natura ma letterariamente soddisfatto dell'espressione artistica da lui raggiunta".


Pirandello riceve gli applausi a Parigi,
al termine dei "Sei personaggi in cerca di autore"
"Il romanziere italiano che Pirandello ha più meditato - scrisse il cronista - è naturalmente il Manzoni.
Il libro al quale, per conforto della fantasia, ritorna ancora è l''Orlando Furioso'.
Tra gli stranieri ammira France, ma riconosce di avere avuto le impressioni più forti dai russi: Dostoevskij; in tutte le letterature ha letto moltissimo"

"Senza tuttavia - commenta Pirandello - amare il libro per il libro.
Non sono bibliofilo, le edizioni rare e preziose non mi dicono nulla.
Anche nel libro, quello che conta, è lo spirito.
Il resto è carta che ingombra.
Non credo di possedere nemmeno tutti i libri che ho stampati e che mi sono stati tradotti.
Oramai non tengo a conservare specialmente nulla.
Non ho più casa mia.
Vado da un Paese all'altro; ora seguirò la mia compagnia in un giro a Vienna, Praga, Budapest, forse più in là.
Andando, elaboro dentro di me i miei nuovi libri; quando è il momento, scrivo rapidamente.
Il primo atto della 'Tuda' l'ho scritto in un albergo a Lipsia.
Sono un viaggiatore senza bagagli"


Pirandello con Guido Salvini, Marta Abba
ed il traduttore ceco dei suoi drammi a Praga, nel 1926
"Pirandello, che nell'insieme è abbastanza rassegnato ad essere inteso anche al rovescio - considerò Caprin - quasi quasi si stizzisce quando lo gabellano per filosofo: uno sceneggiatore di tesi astratte vestite di nomi e di panni umani"

"No - egli ( Pirandello, n.d.r. ) protesta - non dipendo da nessuna filosofia. 
Se ne seguissi una, potrei dire di essere monista e spiritualista; perché se non riesco a credere nella immortalità dei singoli che sono forme caduche, credo assolutamente nell'eternità dello spirito.
Ma non sono filosofo.
Il filosofo il mondo lo pensa in concetti e se lo ragiona.
Io non riesco a vederlo e a sentirlo che in immagini: uomini, passioni, urti di uomini.
Sono, nel concreto, un artista.
Le mie creature sono così concrete, umane, che di ognuna potrei dirvi come ha la voce e come ha le unghie.
Si dice che l'arte ha da essere prima di tutto umana; la mia è due volte umana.
Bisogna naturalmente intendersi su questa umanità.
Ha da essere semplice istinto? Gli uomini, povere bestie che urlano il loro dolore?
Restano umane, lo sono di più, con una coscienza nella quale il loro dolore si rifletta.
Questo modo di sentire la vita, che è sempre e che non può consistere mai, l'ho sentito prima di pensarlo; in me c'è stato sempre"

"Pirandello, casato siciliano di provenienza ligure e più anticamente greca - ricordò ancora Caprin - sarebbe veramente 'Pyranghello', 'anghelos' e 'pyr', 'colui che porta fuoco'.
La sua fantasia si è sempre naturalmente compiaciuta dei giochi più difficili sulle corde più tese.
Il suo demone è snodato come un funambolo.
E se anche - come dicono spesso quelli che ne hanno sgomento - fosse un demone cerebrale, tutto lo porta a manifestarsi ben realizzato; come vuole il teatro"

"Teatro di idee il mio? - dice Pirandello - ma nel teatro quello che mi piace moltissimo è proprio lo spettacolo, e lo curo"


Scrivendo i "Sei personaggi in cerca di autore"
Nel raccontare quella conferenza a Zurigo, il giornalista de "La Lettura" sottolineò un curioso episodio che rivela oggi la ritrosia di Pirandello alle attenzioni degli osservatori:

"Dietro a lui nel palco si insinua una disegnatrice che vorrebbe effigiarlo per un giornale berlinese.
Pirandello lascia fare, ma non fa nemmeno nulla per facilitare l'impresa della franca disegnatrice.
Durante l'intervallo, questa gli chiede cinque minuti di posa.
Non può.
Si precipita giù per fumare una sigaretta, nel ristorante.
E la disegnatrice anche lei dietro l'illustre modello fuggitivo; anche se stesse fermo, la cosa non sarebbe facile..."

Infine, durante il viaggio di ritorno in Italia sullo stessa carrozza di un treno, Caprin raccolse da Pirandello il lamento della sua solitudine, "un cupo dolore umano, nell'insopportabile desolazione dei suoi ricordi desolati":

"Sono un uomo che ha tagliato tutti i ponti.
Perché avere una casa?
Di quella che avevo comprata a Roma vorrei disfarmi.
Invecchiare in un luogo?
Non si può invecchiare che con la propria compagna, ed io, ... vuoto, vuoto; i figli, necessariamente, a un certo momento si fanno la propria vita.
Ma non è vero che io sia un distaccato, vuoto dentro...
Ho una mia vita di sentimenti, tutta mia, complessa, per me..."



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