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sabato 13 agosto 2016

ROCCA BUSAMBRA, LUCE DEL MONDO DI GIACOMO GIARDINA


Uno sguardo alla natura ed alla poesia di una delle più sorprendenti aree di pregio ambientale della provincia di Palermo 


Una veduta delle pendici di Rocca Busambra
nella zona di Valle Agnese.
Le fotografie del post sono di ReportageSicilia


Con la sua imponente massa calcarea ed il suo verdissimo ed impenetrabile bosco della Ficuzza ( ricco di lecci, roverelle, castagni e sugheri ) la Rocca Busambra offre uno degli angoli più sorprendenti della Sicilia.
Il paesaggio infatti domina completamente la scena, affermando la forza della natura rispetto all'intervento devastatorio dell'uomo, che pure in passato ha prodotto disboscamenti, bracconaggio ed incendi.
La realtà odierna di Rocca Busambra non è così troppo diversa da come venne descritta nel 1975 dall'opera "Monti d'Italia, Sicilia e Sardegna", edita dall'ENI con il coordinamento di Errico Ascione e Italo Insolera:

"L'aspetto più caratteristico e interessante della Rocca Busambra è certo quello che riguarda i vari ambienti naturali che si sovrappongono, emergendo dal grigio e monotono paesaggio pliocenico che la circonda, per lo più tenuto a pascolo o coltivato a cereali.




Dal tessuto compatto dei coltivi spicca più in basso la massa verde scura del bosco della Ficuzza  che contorna le pendici della rocca, giungendo a colonizzare i conoidi di detriti che ne rendono meno ripido l'attacco alla terra.
Dal basamento verdeggiante si innalza la parete rocciosa che guarda verso Palermo, incisa da canaloni e crepacci.
La rocca domina per chilometri la piana e la caratterizza col suo profilo inconfondibile.
In alto i pascoli, coperti a tratti da bassi pulvini di ginepro, affacciandosi da una parte sul versante più impervio, scendono dall'altra in pendio meno aspro verso Corleone.
Ognuno dei tre ambienti ha i suoi fiori, le sue piante, la sua fauna; è difficile che gli esponenti di uno di essi vengano ospitati in un altro.




Così la coturnice domina i pascoli d'altitudine, il colombaccio non lascia il bosco, la taccola non abbandona volentieri l'ambiente delle pareti rocciose.
Tre mondi a sé stanti che rappresentano in esiguo spazio gli ambienti più classici della Sicilia: il bosco, le rocce, il pascolo"

Il merito di questa ricchezza ambientale si deve principalmente alla tutela imposta agli inizi del secolo XIX  da Ferdinando IV, "scavezzacollo di casa Borbone - si legge in una recente guida del Patto territoriale per l'Occupazione "Alto Belice Corleonese" - molto più interessato alla caccia che ai problemi del Regno delle Due Sicilie".
Grazie a questo re "scavezzacollo", dimorante nella casina di caccia che sorge nel borgo di Ficuzza, in quest'area della provincia di Palermo vissero lupi, caprioli, cervi e daini.


Abitazione a Godrano,
ai margini della Rocca Busambra

Tale natura generatrice di flora e fauna - che oggi richiama in quest'angolo di Sicilia gruppi di sciamani -  non poteva che essere nel 1903 il luogo di nascita di Giacomo Giardina, il "poeta pecoraio" di Godrano quasi analfabeta assurto nel 1931 per giudizio di Filippo Tommaso Marinetti al ruolo di "poeta record meridionale".
Due anni prima, Giardina  aveva così descritto  Rocca Busambra, paragonandola ad una "grandiosa tavolozza del mondo":


Il poeta Giacomo Giardina.
La fotografia è tratta dall'opera
"Dante ambulante al mio paese",
edita nel 1982 da Ila Palma

"Si erge alta e solenne
la montagna della mia poesia
che al centro s'apre liricamente 
come enorme ventaglio rameggiato di cerri scuri.
La foresta allarga la sua impetuosa orchestra
discendendo verso la valle
ora chiara ora scura.
Vegetano con furia l'asfodelo e la cicuta,
bacche rosse, ginepri spinosi duri,
edera felce biancospino e sambuchi rampicanti...
Scuote urla cammina come la tempesta,
come verde mare di foglie
che veniva ad agitare e allargare d'amore
la vela romantica e sperduta del mio cuore.
Rocca Busambra, quante lunghe
notti riposai al tuo piede granitico,
quante notti mirai la tua meravigliosa veste incantata
fasciata di scintillamenti, incipriata di luna
e carezzata d'echi dolci profondi.
Ritorno: senza mirarti
e valutarti come allora, non posso vivere;
qui occorre sognare, osservare, scrivere!
L'ovile circolare 
il pagliaio a cono, sotto l'ombre rettangolari,
costruiti dalle mie mani,
esistono ancora...
Legnaioli curvi sotto agitate compane di luci,
pastori erranti
zufolanti per l'aria sgombra profumata buona
seguono ancora le usanze dei nostri avi;
ma i soavi liberi anni della mia
adolescenza vagolanti in questa natura di pietra?
Le raccoglitrici di ghiande
e le pecore filatrici
che sfilavano sotto il ponte delle mie gambe?
Dove sono ora, o montagna maga
che sempre ispiri e fai sognare? 
Colate
argentate d'acqua pura
bagnano l'aride mie labbra
che si liquefanno nel torrente;
voli voli canori e vorticosi giri
prismaticamente geometrizzano l'occhio magico in libertà:
santa povertà degli anni primi,
o dolce antico focolare,
soltanto queste semplici e grandi cose sento di amare!
Sì: lontano da te non riesco a vivere,
e m'aggrappo ai pennelli degli alberi,
o Rocca Busambra, ora viola e ambra,
ora verde rossa azzurra nera rosa
grandiosa tavolozza del mondo
dove il rotondo sole
pittore
compone e scompone i suoi vividi colori"


   
  

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