Translate

giovedì 28 maggio 2015

DISEGNI DI SICILIA


SEBASTIAN MUNSTER, carta della Sicilia ( 1552 )

mercoledì 27 maggio 2015

LE "CIARAMIRE", DAI TETTI ALLA BRACE

Da secoli, le tegole in terracotta fanno parte del panorama edilizio dell'isola.
Nel 1955, lo scrittore catanese Ercole Patti ne ricordò anche l'uso culinario in ambiente rurale


Tetti di edifici civili e chiese di Ragusa Ibla
coperti con le tegole, conosciute in Sicilia
con i termini di "ciaramire" o "coppi".
Questa fotografia e la seguente sono tratte
dall'opera di Antonino Buttitta
"I colori del sole - arti popolari in Sicilia",
edita nel 1985 da Flaccovio Editore Palermo

Sono una presenza costante nel paesaggio rurale e in certi  quartieri di città e paesi dell'isola: le tegole di terracotta - chiamate anche "coppi" o "ciaramire" - fanno parte di un repertorio edilizio vecchio di secoli, assumendo una diversa tonalità secondo le tecniche di lavorazione con le quali sono state prodotte e i decenni di esposizione all'azione del sole e della pioggia.
Da tempo le "ciaramire" vengono costruite secondo metodi industriali che hanno cancellato la lunghissima cottura manuale nei forni; a differenza di quelle prodotte in altre regioni italiane, le tegole siciliane sono leggermente più grandi.
Le "ciaramire" - raffigurate in molte fotografie o disegni di genere di paesaggi dell'isola - sono state in passato utilizzate anche in contesti non edilizi.
Quello più noto si può ancora osservare nelle saline di Trapani: qui, le tegole di terracotta coprono dalla pioggia i cumuli di sale.
In ambiente rurale, poi, i "coppi" arroventati potevano servire per cucinarvi la carne o la salsiccia alla brace.
Una indicazione di questa abitudine - ancor oggi di efficace applicazione - si trova nelle pagine del racconto "Il pometo", ambientato nei boschi etnei e scritto nell'ottobre del 1955 da Ercole Patti ( in "Diario Siciliano", Bompiani, 1971 ):

"Nelle navate ombrose del bosco regnava un alto silenzio fresco rotto appena, a tratti, dal canto limpido e fuggitivo di qualche uccello...
Saro, che recava la borsa delle provviste, era ansioso di arrivare e già preannunciava i preparativi che avrebbe fatto per la colazione. Si informò dal contadino se nella casupola del pometo c'erano tegole di terracotta per arrostirvi sopra le salsicce...
A tratti nel silenzio perfetto che regnava intorno un piccolo tonfo annunziava che un frutto si era staccato ed era caduto giù; ogni albero aveva ai suoi piedi un certo numero di mele cadute, alcune vivide e bellissime che facevano pena per terra accanto a quelle marcite.


Lavorazione delle "ciaramire"
a Santo Stefano di Camastra, opera citata

Saro frattanto, in quell'aria rarefatta di montagna che dava come un senso di ovatta alle orecchie, era andato a scegliere con molta cura due grandi tegole ricurve, le aveva lavate con una secchiata d'acqua leggera e fredda che aveva tirato su dalla cisterna e le aveva sistemate una vicina all'altra su due piccoli sostegni di pietre accatastate in modo da lasciare sotto lo spazio per mettere la legna.
Poi era andato dietro la casupola ed era tornato con un fascio di sarmenti.
In breve una forte fiammata si levò sotto le tegole che divennero asciutte e roventi.
Allora Saro vi cominciò a deporre sopra le salsicce un poco alla volta con delicatezza.
A mano a mano le salsicce rosolavano, Saro con un virgulto appuntito le andava rivoltando pungendole leggermente perché sfiatassero e lasciassero colare il grasso.
Il grasso tenero imbeveva la terracotta mentre le salsicce andavano acquistando un colore bruno e spandevano intorno un odore inebriante.
Il fumo bianco delle fascine saliva su mollemente oltre il tetto della casetta e si disperdeva nell'aria pura"      

martedì 26 maggio 2015

IL PESCATORE TOMBAROLO DI SELINUNTE UCCISO DA UN FULMINE SOTTO UN CARRUBO

Una pagina del sociologo norvegese Eyvind Hytten ricorda la storia di uno dei primi razziatori di tombe delle necropoli in seguito assoldati dall'archeologo Vincenzo Tusa


Un tramonto sull'acropoli di Selinunte,
sito archeologico dell'antica colonia greca in Sicilia.
Le necropoli sono state in passato saccheggiate
da generazioni di tombaroli locali.
Le fotografie del post sono di Leonard Von Matt
e sono tratte dall'opera "La Sicilia Antica",
edita da Stringa Editore Genova nel 1959
con testi di Luigi Pareti e Pietro Griffo  

Raccontano le cronache che tra il 1963 e il 1968 l'equipe archeologica del professor Vincenzo Tusa abbia scoperto nelle necropoli di Selinunte circa 80.000 tombe già depredate dai tombaroli del loro contenuto di anforette, monete, crateri e statuine.
Molti di quei predoni - in prevalenza pescatori e contadini della zona, perfetti conoscitori dei luoghi più adatti allo scavo - furono in seguito assoldati dallo stesso Tusa per evitare che piccoli e grandi tesori di Selinunte finissero nelle mani dei trafficanti di reperti.
Così, alcune ricche case ancor oggi esistenti a Marinella sarebbero state costruite grazie ai frutti di un commercio clandestino che mezzo secolo fa unì quest'angolo africano della Sicilia alla Svizzera.


Un didramma argenteo di Selinunte
con la stilizzazione di una foglia d'apio

Sembra anche che la mafia di Castelvetrano abbia avuto un ruolo non secondario nella gestione degli oggetti ritenuti più preziosi: tra i boss cui i tombaroli avevano l'obbligo di affidare i pezzi migliori vi sarebbe stato il defunto Francesco Messina Denaro, padre di Matteo, boss oggi in cima alla lista dei latitanti di Cosa Nostra.
Il racconto della storia di uno dei primi tombaroli di Selinunte - un pescatore di Marinella - si deve alla penna di Eyvind Hytten, nome ai nostri giorni dimenticato della storia dell'isola degli anni Sessanta.
Sociologo norvegese, Hytten mise piede in Sicilia seguendo l'esempio di Danilo Dolci e nel 1970 pubblicò con Marco Marchioni per Franco Angeli il saggio "Gela, industrializzazione senza sviluppo".
Lo studioso scandinavo raccolse la testimonianza di quell'uomo, attribuendogli il ruolo di "maestro" per più giovani tombaroli, privi di qualsiasi scrupolo o rispetto per gli oggetti trafugati dal sottosuolo:      

"Andava sempre scalzo, con i pantaloni di tela grigio-azzurra arrotolati fin sopra i ginocchi, la camicia aperta, sorridente, con gli occhi semichiusi per il sole.
Abbronzatissimo e agile come tutti i pescatori - si legge nel racconto "Il raccoglitore di cocci di Selinunte", edito nel volume "Le Coste d'Italia - Sicilia", edito nel 1968 dall'ENI -  dimostrava una decina di anni in meno della cinquantina che avrà avuti.
Il cestino, coperto di alghe secche o foglie di vite, sembrava contenere conchiglie o forse qualche pesce; e le guardie di finanza - tutti amici, si intende - ci stavano al giuoco, purché avvenisse nei modi stabiliti tacitamente.


Rovine dell'acropoli

Qualunque cosa stesse facendo - rammendando una rete, guardando le macchine dei turisti fuori il piccolo albergo sul mare o sorbendo birra con gazzosa sul marciapiede fuori il bar dirimpetto - dopo un rapido sguardo intorno, di rito, veniva fuori il cestino, e ti faceva intravedere, sotto le alghe, il mucchio di sottili e ruvidi cocci antichi, più o meno interi e qualcheduno con deboli segni di ornamenti rossoneri.
Con i turisti più sprovveduti, cominciava invece con qualche lékhytos tutto splendente di colori ( "fatto a mano" ti diceva a parte con una strizzatina d'occhio ) o delle monetine uscite dal bagno d'acido.
L'altra roba, quella vera, poteva anche regalarla quando se la sentiva.
Bastava non insistere troppo per saper la provenienza: al massimo, faceva un gesto vago in direzione dei templi, sul promontorio al di là del vecchio porto greco.
In verità, lui non ci teneva neanche tanto.
Tra quel poco che ancora che gli rendeva la pesca, qualche lavoretto all'albergo nella stagione buona, e l'occasionale colpo fra i turisti in cerca di cultura, bene o male ce la faceva a tirare avanti.
Il suo era un commercio del tutto artigianale, e forse gli piacevano anche i cocci, quelli veri.
Essendo stato tra i primi a riscoprire certe tombe, nella pianura dietro i templi, era poi diventato il capostipite di una ciurma di veri industriali del contrabbando, di cui ammirava la bravura e i guadagni, senza invidia.
Ma lui stesso non si sentiva capace dell'aggressività con cui i giovani smerciavano la roba fasulla, fermando le macchine all'ingresso dei templi, nè tanto meno di organizzare il colpo veramente grosso, con l'anfora tutta intera portata sul mercato internazionale.
Era stato lui, naturalmente, ad insegnargli tutto all'inizio, dal rinvenimento della tomba, allo scavo notturno - attenti a non rompere niente - al come stabilire un modus vivendi con la finanza, per non rovinarsi inutilmente.


Un disegno di Selinunte
del pittore e scenografo palermitano Gino Morici ( 1948?)

E soprattutto, la tecnica di ciò che rimane la base economica del mestiere, la contrattazione delle monete e delle statuine di bronzo.
Una notte, arrostendo sardine sulla brace in mezzo alla strada, fuori il paese, spiegò il processo con tutta la pazienza del tecnico di fronte l'ignorante.
Con una moneta originale, abbastanza ben conservata e riprodotta a regola d'arte, uno campa per anni!
Altro che la pesca! Ma non si decideva a lasciare il mare, e ormai c'erano i giovani industriali.
D'inverno dopo la pioggia, andava anche a raccogliere le lumache nei campi.
E' morto così, fulminato da un lampo mentre si riparava sotto un carrubo in piena campagna".





venerdì 22 maggio 2015

FALCONE, I RICORDI DI UN POMERIGGIO DI MAGGIO

Caltavuturo, 1992.
La fotografia è di Andrea Attardi
ed è tratta dall'opera "Atlante di Sicilia",
edita nel 1994 a Roma da Edizioni Lavoro

"Dov'eri quando hanno ucciso Falcone?"
C'è un'intera generazione di siciliani - quella che nel 1992 aveva già raggiunto l'età della coscienza civile - che sa rispondere con precisione a questa domanda: ricorda perfettamente cosa facesse e dove si trovasse alle 17.58 di sabato 23 maggio di ventitré anni fa.
Per tanti siciliani, quella data e quell'orario della propria esistenza rimangono incancellabilmente legati alle emozioni provocate dalla notizia della strage di Capaci.
Dal 1992, ogni 23 maggio diventa così l'occasione per rievocare quei personali attimi di sgomento di una giornata che ha drammaticamente segnato la storia della Sicilia
Poi, a ricordare Capaci, ci sono anche delle immagini simbolo, realizzate in quei giorni di sangue e di lutto  da fotografi, teleoperatori e documentaristi.
La fotografia riproposta da ReportageSicilia venne scattata da Andrea Attardi a Caltavuturo, uno dei paesi delle Madonie; l'obiettivo ha fissato il passaggio di un uomo con bastone e occhiali da non vedente dinanzi ad un necrologio delle vittime dell'attentato.
L'immagine è tratta dal libro "Atlante di Sicilia" ( Edizioni Lavoro, Roma, 1994 ); nella dolente celebrazione delle vittime dell'attentato e nella rivendicazione di quella  "verità e giustizia" ancor oggi solo parzialmente raggiunte,  rende  bruciante una considerazione  espressa da Giovanni Falcone nel settembre del 1991:

"Non è retorico né provocatorio chiedersi quanti altri coraggiosi imprenditori e uomini delle istituzioni dovranno essere uccisi perché i problemi della criminalità organizzata siano finalmente affrontati in modo degno di un Paese civile"


Fotografia tratta da
"Giovanni Falcone, interventi e proposte 1982-1992"
a cura della Fondazione Giovanni e Francesca Falcone,
edito da Sansoni Editore nel 1994





giovedì 21 maggio 2015

SICILIANDO














"Cinquant'anni di vita unitaria sono stati in gran parte dedicati dai nostri uomini politici a creare l'appartenenza di una uniformità italiana: le regioni avrebbero dovuto sparire nella nazione, i dialetti nella lingua letteraria.
La Sicilia è la regione che ha più attivamente resistito a questa manomissione della storia e della libertà.
La Sicilia ha dimostrato in numerose occasioni di vivere una vita a carattere nazionale proprio, più che regionale"
Antonio Gramsci

mercoledì 20 maggio 2015

GLI ULTIMI APPUNTI DI MAURO DE MAURO SUL CASO MATTEI

Pubblicate nel 1972 nel saggio "Delitto al potere" del giornalista Riccardo De Sanctis, nove cartelle dattiloscritte del cronista de "l'Ora" raccontano frammenti di due casi giudiziari rimasti senza verità


"In questo luogo la sera del 16 settembre 1970 vili mani mafiose strapparono all'affetto dei suoi familiari il giornalista Mauro De Mauro.
A ricordo della sua tenacia e del suo coraggio i cronisti e la municipalità posero.
Palermo, 20 dicembre 2014"

Sono dovuti passare ben 44 anni perché  alla lista palermitana delle lapidi dei morti per mafia si aggiungesse, cinque mesi fa, quella che ricorda la scomparsa del cronista del quotidiano "l'Ora".
Il testo appare stringato e laconico; rafforza quasi la rassegnazione per l'impossibilità di accertare la verità sul movente e sui responsabili dell'uccisione di Mauro De Mauro.
In questo come in tanti altri misteri siciliani,  decenni di indagini giudiziarie alimentate dalle indicazioni di molti "pentiti" di mafia giacciono ora negli archivi, a testimonianza del fallimento della Giustizia.  
L'ultimo processo che avrebbe dovuto indicare le responsabilità del rapimento del cronista de "l'Ora" si è concluso in appello a Palermo il 27 gennaio del 2014, con l'assoluzione dell'unico imputato: quel Salvatore Riina che durante le ambigue confidenze rese nel carcere di Opera al detenuto pugliese Alberto Lorusso ha indicato nel boss Stefano Bontade il mandante dell'uccisione di De Mauro.





Quello stesso processo ha indicato invece il probabile movente della scomparsa del giornalista, oggetto in quasi mezzo secolo di varie supposizioni e opposte tesi investigative. Rapimento e soppressione di Mauro De Mauro sarebbero stati cioè legati alla scoperta di fatti inediti relativi all'incidente aereo - causato da un attentato - in cui la sera del 27 ottobre 1962 perse la vita il presidente dell'ENI Enrico Mattei.
Proprio la "l'ipotesi Mattei" è stata quella più battuta per spiegare il caso De Mauro; ma è anche la più complessa ed a rischio di depistaggi, per il peso degli interessi internazionali che l'avrebbero determinata.
Per anni, l'incidente del Morane Saulnier decollato da Catania e caduto nelle campagne pavesi di Bascapè venne archiviato come la conseguenza di un guasto meccanico o della stanchezza del pilota, Irnerio Bertuzzi.
Dubbi e polemiche - alimentate dalla ritrattazione di un testimone che nelle ore successive all'incidente aveva detto di avere visto un'esplosione in cielo - furono rilanciati otto anni dopo da un libro intitolato "L'assassinio di Enrico Mattei".
Gli autori - Fulvio Bellini e Alessandro Previdi ( il primo, un ex comunista che dopo l'espulsione dal partito si dedicò ad un'attività pubblicista di dossier riservati del PCI ) - sostennero la tesi secondo cui Mattei venne ucciso dalla CIA o dai francesi dell'OAS nel totale silenzio della dirigenza dell'ENI, della magistratura e del governo italiano.
La pubblicazione del libro spinse allora il regista Francesco Rosi a realizzare un film sul caso Mattei, contando sulla collaborazione degli stessi Bellini e Previdi.
Dopo avere ricevuto da loro una trentina di cartelle, Rosi decise allora di approfondire le ultime ore di vita trascorse in Sicilia dal presidente dell'ENI.


Primi accertamenti sui rottami del Morane Saulnier
con la sigla I SNAP che stava riportando Enrico Mattei
da Catania a Milano.
L'aereo precipitò la sera del 27 ottobre 1962
nelle campagne pavesi di Bascapè

Tramite l'amico Vittorio Nisticò - direttore de "l'Ora" - il regista prese contatti con Mauro De Mauro: il cronista accettò l'incarico, accettando un compenso di mezzo milione di lire ed una partecipazione alla sceneggiatura del film.
Quel lavoro non fu mai consegnato, e la scomparsa di De Mauro - come la morte di Mattei - divenne un altro "caso" giudiziario insoluto. 
I documenti riproposti nel post da ReportageSicilia sono poco conosciuti; vennero pubblicati nel 1972 dal giornalista napoletano Riccardo De Sanctis nell'eccellente saggio-inchiesta "Delitto al potere. L''incidente' di Mattei, il rapimento di De Mauro, l'assassinio di Scaglione" ( la Nuova Sinistra, Samonà & Savelli ).
Nel libro, De Sanctis ha ricostruito il sotterraneo gioco di interessi italiani e internazionali che nel periodo della morte di Mattei condizionò le strategie del mercato petrolifero ed energetico.   
Grazie alla collaborazione del collega Furio Morroni, De Sanctis rese noti due tesserini giornalistici di Mauro De Mauro rilasciati da "Il Mattino di Sicilia" e dal "Tempo di Sicilia", datati 1947 e 1949 e cointestati ad uno dei suoi molti pseudonimi ( Italo C.Fuks ).
Il "Delitto al potere" - oltre ad un'immagine dei rottami del Morane Saulnier - vennero pubblicate anche due rare immagini del pilota, Irnerio Bertuzzi, e del giornalista americano William Mc Hale.


Il riminese Irnerio Bertuzzi,
pilota dell'Aeronautica Militare Italiana dal 1937 al 1945.
Nel 1949 diventò comandante pilota per l'Alitalia;
nel 1957 lasciò la compagnia e fu assunto dalla SNAM,
dove venne presto nominato comandante della flotta aerea
di AGIP mineraria.
Prima dello schianto a Bascapè,
aveva accumulato oltre 11.000 ore di volo.
Era considerato il pilota di fiducia di Enrico Mattei 

Ancora più interessante fu la pubblicazione di nove cartelle con l'intestazione "l'Ora" e con molti appunti dattiloscritti di Mauro De Mauro.
Si tratta di notazioni, frasi virgolettate, e tracce di colloqui che lo stesso cronista memorizzò durante le ricerche sull'attività e gli incontri di Enrico Mattei in Sicilia, nelle ore che precedettero l'incidente di Bascapè.
Gli appunti testimoniano il clima di entusiasmo che accolse la visita del presidente dell'ENI a Gagliano Castelferrato, la mattina del 27 ottobre 1962, dodici ore prima dell'"incidente" in Lombardia.
In "Delitto al potere", Riccardo De Sanctis ipotizza che la scomparsa di De Mauro sarebbe stata legata ad alcune informazioni relative all'improvviso cambiamento di orario nella partenza di Mattei ( cinque ore di anticipo ) da Catania verso Milano; circostanza che sarebbe arrivata alle orecchie di chi ebbe l'incarico di piazzare l'ordigno esplosivo all'interno del Morane Saulnier, sulla pista di Fontanarossa


William Mac Hale, capo della redazione romana
delle riviste "Time" e "Life".
Il giornalista stava seguendo Enrico Mattei
per un reportage dedicato al presidente dell'ENI

Le motivazioni di quella partenza anticipata - l'inaugurazione da parte di Mattei della raffineria pavese di Sannazzaro, alla presenza del ministro delle Finanze Tremelloni - erano state fissate in un nastro registrato con incisi i discorsi ufficiali pronunciati quel giorno nella piazza di Gagliano
Scrive De Sanctis:

"Ascoltando il nastro, De Mauro scopre con suo grande stupore che la giustificazione che venne data allora è differente, se non apertamente contrastante da quella che qualcuno gli da oggi.
Fu il sindaco di Gagliano, l'ingegner Cuva che spiegò ai cittadini: ma sul quaderno di De Mauro le due pagine che contengono il discorso del sindaco sono state strappate.
Potrebbero essere state levate dallo stesso giornalista che aveva compreso la loro importanza, oppure potrebbero essere state strappate dopo la sua scomparsa da chi aveva interesse che sparissero.
Nella risposta che il giornalista si sente dare alla sua domanda riguardante il cambiamento di programma ci sono delle informazioni profondamente diverse da quelle raccolte nel 1962, e che sono testimoniate nel nastro magnetico.
Qualcuno dei personaggi noti o ignoti che avvicina cade in una gravissima contraddizione.
De Mauro intuisce di avere in mano una 'cosa grossissima'. E' l'inizio di una prova del tranello in cui fu fatto cadere Mattei.
Ma al sospetto è necessario aggiungere delle conferma, ma De Mauro viene fatto sparire"  
    
In quelle cartelle, i caratteri della macchina da scrivere hanno battuto i nomi di molti protagonisti e gregari siciliani al centro del caso della scomparsa del giornalista: Guarrasi, D'Angelo, Fasino, Colajanni, CarolloAlessi...
Naturalmente, il contenuto di questi appunti non chiarisce il mistero dell'attentato costato la vita a Enrico Mattei, a Bertuzzi e a Mac Hale.
E' certo però che le pagine di De Mauro testimoniano oggi l'attenzione del suo lavoro giornalistico: l'impegno investigativo di un cronista il cui destino - durante la sua indagine sull'"incidente" di Bascapè - è stato probabilmente fagocitato da un'inconfessabile trama di interessi politico-industriali, italiani e internazionali.        

"La storia di quegli appunti che pubblichiamo integralmente è interessante.
Furono rinvenuti nel cassetto di De Mauro in redazione - scrisse De Sanctis - e consegnati alla polizia e ai carabinieri in una versione dattiloscritta che è quella che pubblichiamo.
Al magistrato vennero consegnati solo dopo la costituzione a parte civile del giornale 'l'Ora'.
Del loro ritrovamento Elda De Mauro dice di esserne venuta a conoscenza soltanto quando li cercò un giornalista di 'Epoca' ( Pietro Zullino, ndr ).
Non ci risulta che le persone che sono menzionate negli appunti siano state interrogate specificatamente sul contenuto degli stessi..."



"Appunti senza indicazione iniziale. Si suppone riguardino il colloquio con l'avvocato Vito Guarrasi col quale parlò del carattere di Mattei"
"Colpo di stato continuato", uomini anche mediocri ma di rottura, "la guerra è un anacronismo", S.Elena sì, guerra no, idem Mattei, piglio soldatesco, entrare da Mattei senza fare anticamera, batteva questa moneta
Usò tutte le intermediazioni, mi pento ( onoro? ) di essere stato strumentalizzato da lui ( Carollo Cadetto )
Prete Mattei
Cefis-Girotti-Fornara-Guarrasi-Stammati-Ing ACP (?)
Rino Bignami
'58 riduzione royaltiers dal 12,5 al 4%
Lavoro fatto per intero fino a caduta Milazzo
Confermato da Fasino con cui era---




( segue 2 )
Innamorato ( nauseato?) del suo disegno guardò a tutti trattò con tutti
Non mettere in discussione il seguito (definito?)
CEFIS
D'Angelo non può partecipare a inaugurare ANIC gela se lei è consigliere d'amministrazione
"noi abbiamo molto riguardo per le autorità siciliane. Ma i consulenti ce li scegliamo come ci pare e dove ci pare"
Notabile Dc nato a Calascibetta
Trattativa con Mattei "inventa i pantaloni Lebole"
I 40 miliardi SOFIS nell'accordo D'Angelo fallito
SOFIS all'ANIC Gela
Liquidato da Guarrasi su ( con )stabilimento a Gagliano a garabzia particolare
10 miliardi concesso ( ? ) in interessi
( ultimi e specchietti (?) )
Soggiorno obbligato a Gagliano per i tecnici di Troina




appunti senza intestazione probabilmente riferentesi al colloquio con l'on.Colajanni
Mattei verso Sicilia
Grandi difficoltà per gagliano
Mi disse che avrebbe superato qualunque difficoltà pur di mantenere impegno con Gagliano
- a proposito difficoltà politica generale, internazionale, mi ricordò discorso che avevano fatto una notte dopo inaugurazione stabilimento Gela.
Dietro forse Cefis
Seri collaboratori dietro
Richiamò battaglia che conduceva con convinzione per l'Italia. Io dovevo andare via "No"
Domani vieni via con me con Jet
questo suo sfogo con vecchio partigiano, suo amico
A Gagliano passeggiata mentre ci festeggiavano, fra la folla
festeggiante, delirante.
Nel ricordo della II passeggiata abbiamo ricordato Gela -
( Pompeo, Stagno, Mattei, Aldisio, Alessi )
Mattei veniva da Enna
Cominciò a parlare possibilità sviluppo, scambio
-------------
-Nicosia
-Il bracciante Costanzo di centuripe gli fece l'ultima fotografia nel momento in cui partì l'elicottero. Vide che stavo salutando Mattei e scattò.
Onofrio Costanzo pres.te ass.Famiglie numerose ENNA





( segue Colajanni )

C'era Gagliano scatenato
Il giorno sabato quando arrivò a Gagliano
Da Gagliano pranzo a Nicosia
- tante accoglienze
- in municipio
", ti ricordi i discorsi di allora, di Gela... (nel contesto delle difficoltà che doveva superare per portare avanti il suo disegno politico)

++++++

Nella manifestazione non era possibile avvicinare qualcuno
Mattei veniva salutato come un trionfatore, avevano fiducia nella sua parola. - Lui quasi arrossiva.
Arrivai a Nicosia con ritardo
Ci siamo di nuovo rivisti a Gagliano e ci salutammo

                            Michele Russo




Fogli di appunti numerati con indicazione dell'intervistato Russo
sabato 27 ottobre 1962
Agitazione dei gaglianesi
Incontri con Mattei alla Presidenza della Regione
Delegazione Comune Gagliano
In una di queste riunioni stabilì corrente di simpatia con Mattei
Gagliano chiedeva industria
Lo Giudicie
( Sindaco Cuva (avvocato) sta a Catania )
Nella escalation di richieste chiese che il personale AGIP
risiedesse a Gagliano - petulante
gli si opponeva che il centro oli era a Troina
Mattei per la prima volta
si alzò incazzato e voleva abbandonare la seduta
Russo - Presidente, perché non prende on.Lo giudice invece di ingegneri?
Ore 10 elicottero Enna, campo sportivo
Sindaco, Russo, Pompeo, Mattei, D'Angelo, Mc Hale,
Comune, stanza del Sindaco
Ripartì in elicottero con D'Angelo e Mc Hale
Russo e altri in auto




Discorso Mattei a Gagliano
Caldo
Verso le 14.30 ci ritrovammo tutti a Nicosia per un ...pranzo in albergo-ristorante
un paio di stanzette. Mi pareva un ingiustizia questo Mattei che faceva così grandi cose sottoposto a.... mi pareva una soverchieria (?)
Antipasti scatolette
Salami...
durò per2ore, sempre parlano del più e del meno
Vedevo Mattei politico, imprenditore pubblico
Quando ci alzammo per uscir fuori ebbi scrupolo a salutarlo. Tutti lo attorniavano. Chi lo spingeva, chi lo urtava. rimasi perplesso, in disparte, se allonta, armi.
Poi gli toccai la spalla da dietro
"Presidente, io la saluto"
Si volta (ma angustiato, annoiato) mi vede, forse ricorda battuta
sorride, un sorriso vivo, cordiale, luminoso
         era la sua chiave
Di lì elicottero a CT.
A CT D'Angelo lo salutò
         Pranzo
Mattei, D'Angelo, Mc Hale, Russo, Pompeo, Lo Giudice, sindaco di Nicosia, (Motta?), sindaco di Gagliano Cuva, Sammarco Tavolo a L, una trentina di persone
                                Enzo Circasso
                                Mancuso
Niente signore





Foglio di appunti numerato 8
D'Angelo era venuto a un rapporto di amicizia con
Mattei - aveva fatto estromettere Guarrasi dal
Consiglio dell'ANIC di Gela: aveva avuto la sua vittima
altro foglio di appunti senza numerazione
Direttore ANIC Gela del 1962 ing.Semmola (S.Dona)
Ingegner Rino Bignami - Gela capo settore AGIP mineraria
Pilota elicottero AGIP mineraria Pier Paolo Manone
                                            (Vaiont?)
Due telefonate ad aeroporto Fontanarossa per allontanare il pilota dal reattore
Commissario di PS ufficio politico Savoja
Onofrio Costanzo, Presidente ass.Famiglie Numerose
di Enna - scattò l'ultima foto di Mattei.




(Altri fogli di appunti forse seguito conversazioni con l'on.Colajanni ) - N.B. I fogli non sono numerati.
Per strada l'on. Del Giudici gli ha presentato tre trivellisti di Pesaro.
"Vedete? Ci ritroviamo qui in Sicilia."
Affacciato al balcone
Banda: Piave / Fratelli d'Italia / Campane a storno
               mortaretti / folla scandiva il nome
(lacrime agli occhi)
dialogo tra Mattei, D'Angelo, Sindaco Del Giudice e folla in piazza.
Foto in elicottero
fra D'Angelo e MC Hale
"Stanno arrivando tempi migliori"
D'Angelo e gente salendo (saluto?) nel.... elicottero AGIP minerario
"Vado a chiudere il mulo.Oggi non vado a lavorare"
++++
Stradine tappeto di coriandoli
balconi e finestre: bandiera di carta
++++
Sapevano che Mattei doveva arrivare sabato alle 15
All'ultimo momento si seppe che sarebbe venuto alle 10
Atterrò con l'elicottero accanto alla gabbia del pozzo n.9.
Si formò il corteo. Per strada c'era tutta la gente di Gagliano.




Mattei e D'Angelo a tratti scomparivano avvolti da una nuvola di
coriandoli.
Barbato
William Mc Hale dell'ufficio romano di "Time" e "Life"
"Barbato, accoglienze come queste non ne avemmo nemmeno quando 
liberammo l'Italia".
Ha alzato gli occhi - ha visto lassù in alto, nella roccia del
Castello alta più di 100 metri la scritta
"Viva l'ingegnere Mattei"
Ha chiesto a .... (?) "Chi è stato?"
- " Tre ragazzi, De Francisci, Grezzo, Torre" -
Annotò i nomi su busta (?)

AGGIORNAMENTO
Il 4 giugno del 2015 la I sezione Penale della Cassazione ha confermato l'assoluzione di Salvatore Riina rigettando il ricorso della Procura di Palermo

  

   

  













venerdì 15 maggio 2015

DISEGNI DI SICILIA


SANTUZZA CALI', Bambina di Stromboli

giovedì 14 maggio 2015

TARGA FLORIO, LA PRIMA "GRANDE SFIDA" DEL 1907

Già alla sua seconda edizione, la gara madonita rappresentò un banco di prova per le case automobilistiche impegnate nella sfida commerciale europea.
A quella corsa, vinta da Felice Nazzaro, si riferiscono quattro fotografie pubblicate nel libro di Anna Pomar "Donna Franca Florio"


Nell'immagine del libro "Donna Franca Florio"
edito nel 1985 da Vallecchi l'arrivo al porto di Palermo
di una delle 55 vetture iscritte alla Targa Florio del 1907

Le pionieristiche immagini della Targa Florio riproposte nel post da ReportageSicilia documentano l'edizione disputata il 21 aprile del 1907; la seconda della sua storia, dunque, vinta dal torinese Felice Nazzaro a bordo di una Fiat 130HP.
Le fotografie vennero pubblicate nel 1985 nel saggio di Anna Pomar "Donna Franca Florio", edito da Vallecchi e ancor oggi testo di base per ricostruire la biografia della moglie di Ignazio Florio junior e alcune vicende della famiglia che ha segnato la storia economica e mondana palermitana fra XIX e XX secolo.
Al suo secondo anno di vita, quella Targa Florio riuscì a vantare una validità agonistica e promozionale di primo piano, anticipando la gloria sportiva dei decenni successivi.
La gara - il cui circuito stradale si snodò per tre giri e 450 chilometri fra Buonfornello, Cerda, Caltavuturo, Castellana, le Petralie, Geraci, Castelbuono, Isnello, Collesano e Campofelice - divenne un evento motoristico strettamente legato alla promozione dell'industria automobilistica europea, già in lotta per accaparrarsi il nascente mercato delle quattro ruote.


Un passaggio di Leblon su Daimler nei pressi di Cerda.
Quella edizione della Targa si corse
su un circuito stradale di 450 km.
da percorrere in tre giri

Alla partecipazione di decine di piloti e di costruttori, si unì la presenza fra gli ospiti dei rappresentanti francesi ed austriaci dei rispettivi Automobil Club.
Da un punto di vista agonistico, sul regolare svolgimento della corsa pesarono fino a poche ore dalle prime partenze le conseguenze di un'ondata di maltempo.
Il tracciato - di per sé infido e in gran parte su strada non asfaltata - si presentava in più punti allagato; gli ultimi chilometri di fatica per equipaggi e macchine furono accompagnati da forti raffiche di vento.


Passaggio sul traguardo a Buonfornello

L'organizzazione riuscì ad eliminare solo le pozze d'acqua più profonde; la vittoria di Felice Nazzaro su Vincenzo LanciaLouis Wagner fu la conferma delle sue doti di guida, così descritte dal giornalista Giuseppe Ambrosini:

"E' un artista con l'acceleratore e con i freni disegna, ricama, solfeggia..."
   
Quella Targa Florio fu inoltre un evento mediatico di primo piano, forse imprevisto dallo stesso Florio: l'unico impianto telegrafico disponibile per la stampa non fu infatti in grado di soddisfare per tempestività le richieste dei 25 inviati stranieri.

"Fu in quel secondo anno" - scrisse nel 1956 il giornalista Beppe Fazio nel reportage "Cinquant'anni di Targa Florio", pubblicato  in "Civiltà delle Macchine" - che che si posero le basi di una tradizionale gara che rimane ancora una delle più importanti del genere, ed è diventata, dal 1955, la prova decisiva per il 'campionato del mondo'.


Tamagni su Isotta Fraschini
attraverso l'abitato di Petralia Sottana

Come sempre, si comincia per gioco e si finisce col fare sul serio.
In quel 1907, le cinquantamila lire di premio elargite da Vincenzo Florio salgono a centomila.
Anche gli iscritti salgono di colpo a 55 e sono rappresentate cinque nazioni e ventitrè case.
Le macchine corrono sotto l'insegna della Fiat; della Isotta Fraschini; della Benz ( Mercedes ), della Opel, ecc, anche se ancora si chiamano 'corsieri meccanici'.
La vittoria di questo secondo anno tocca a felice Nazzaro ed è come se rimanesse in casa, chè Felice è l'ex chauffeur della famiglia Florio. Egli ha tenuto una media di 54,084 km orari. Un balzo di otto chilometri in meno di un anno.
Ma quel che più conta è la vittoria di gruppo delle case italiane; i primi sei posti in classifica.


Una veduta sulla zona del traguardo
sulla piana di Buonfornello

La gara aveva assunto un significato nazionale di lotta tra due industrie rivali: la francese e l'italiana ( la Fiat ha da poco aperto una filiale a Parigi in Rue de la Paix ) e quell'anno si lancia in serie il tipo classico detto dei 'venticinque cavalli' con un alesaggio di 125 millimetri.
La corsa è anche un fatto commerciale, quindi, eppure la sua epicità non ne viene per questo offuscata.
Anzi, con gli anni il senso epico di questa lotta si accentua, fra queste montagne infide e scontrose molte macchine ancora passeranno, molti uomini audaci offriranno la loro vita per il progresso della tecnica..." 


  

lunedì 11 maggio 2015

UNO SGUARDO SULLA SUPERSTIZIONE IN SICILIA NEGLI ANNI DEL "BOOM"

Immagini delle credenze magiche nell'isola in un reportage dell'etnologo Ernesto De Martino pubblicato nel 1958 da "L'Illustrazione Italiana"



"Questa immagine di un amuleto siciliano contro il malocchio può servire di simbolo per l'ampia e curiosissima inchiesta che 'L'Illustrazione Italiana' dedica in questo numero alla superstizione in Italia.
Alcuni dei più curiosi cerimoniali ancora in uso oggi in molte zone del Meridione, vengono illustrati dal professor Ernesto De Martino, uno dei maggiori esperti in materia.
L'inchiesta, accompagnata da una vasta documentazione fotografica, apre prospettive per molti inaspettate sul sopravvivere di forme magiche anche in epoca atomica"

Con questa didascalia il mensile "L'Illustrazione Italiana" commentò nel maggio del 1958 la copertina di un numero che diede spazio a un resoconto delle pratiche e delle credenze popolari nelle regioni del Sud d'Italia.
Il reportage - illustrato da tre fotografie realizzate a Palermo, nel catanese ed a Comiso - fu affidato ad uno studioso ( 1908-1965 ) all'epoca già considerato il massimo esponente italiano delle discipline etno-antropologiche, già esposte nei saggi "Il mondo magico" ( 1947 ), "Morte e pianto rituale nel mondo antico" ( 1948 ), "Sud e magia" ( 1959 ) e "Terra del rimorso" ( 1961 ).
Insieme alla "curiosissima inchiesta" intitolata "Fattucchiere, maghi e scongiuri" di Ernesto De Martino, quel numero della rivista edita a Milano da Garzanti presentava fra gli altri articoli un carteggio inedito tra Einstein e Freud e l'ultima parte dell'indagine "Risultati e aspettative della scienza".

"Il 'salto del fosso di Capodanno',
una delle più antiche superstizioni del Mezzogiorno d'Italia.
Al somaro viene imposto, e con argomenti
piuttosto persuasivi, di saltare un fosso
il primo giorno dell'anno.
Qui siamo in Sicilia, nel catanese.
Il 'salto del fosso' ha un significato propiziatorio;
viene compiuto, nello stesso giorno,
oltre che dalle bestie anche delle persone"

Facile dunque scorgere oggi in quelle pagine dedicate alla superstizione nel Meridione la rappresentazione del divario culturale e sociale fra il Nord e il Sud d'Italia incapace di modernizzare la sua identità rurale: un solco economico che nel 1958 stava diventando profondissimo e testimoniato dall'emigrazione disperata verso le città industriali del Paese. 
La lettura di questo contesto storico e sociale affiora con chiarezza nel reportage dello studioso napoletano. 
La sua visione razionalistica delle credenze popolari nelle aree più arretrate dell'Italia - e fra queste, la Sicilia - dà infatti conto delle condizioni di sottosviluppo che ancora ai nostri giorni ne causano limitati casi di sopravvivenza.
Incantesimi, fatture e altri riti magici descritti da "L'Illustrazione Italiana" sono un altro elemento di analisi sociologica per comprendere la drammatica spaccatura economica e sociale dell'Italia:

"Per quanto culturalmente miserabili - scrive Ernesto De Martino - i comportamenti superstiziosi hanno tuttavia le loro ragioni, ubbidiscono ad una loro coerenza, e svolgono in condizioni determinate una funzione definita.
Essi tendono ad eliminare, o almeno a ridurre, gli elementi di incertezza della vita reale, e la prospettiva di incidenti e di resistenze possibili che occorrerebbe affrontare con piena responsabilità e consapevolezza individuali.
Mediante i comportamenti superstiziosi il divenire della storia è sottratto al peso della decisione individuale realisticamente orientata e consapevole di sé, ed è ricondotto ad una decisione fantastica e arbitraria, che riassorbe l'incerto nel certo, ed elimina nell'immaginazione gli incidenti e le resistenze a cui vanno incontro i desideri umani.

"Un documento veramente eccezionale
sulla ideologia superstiziosa:
si tratta del battente esterno
della parte di una abitazione in una strada di Palermo.
Si notino: le corna contro il malocchio,
gli annunci funebri dei lutti casalinghi che,
secondo credenza popolare, non bisogna togliere,
ma lasciare consumare dal tempo.
Le immagini della squadra del cuore
e quelle della squadra avversaria con lo 'sfregio'.
Infine, una raccolta di immagini varie:
Buffalo Bill, i Paladini, etc"

Al limite, il mondo della superstizione è un mondo in cui sostanzialmente non accade nulla: il superstizioso, protetto dai suoi amuleti, tende appunto a vivere in un mondo del genere, senza incidenti e senza storia, senza rischi e senza vere respèonsabilità morali.
Ben si comprende come i comportamenti superstiziosi affondino le loro radici in una condizione di miseria psicologica, cioè di minorata forza morale di decisione e di scelta a cagione di un regime di esistenza in cui l'angustia dello sviluppo civile moltiplica i motivi di insicurezza, intensifica il senso di precarietà dei beni elementari della vita, e assegna all'efficacia dell'azione umana, realisticamente orientata, una prospettiva limitata, compromessa e annientata di continuo da forze naturali e sociali non dominabili.
La condizione di miseria psicologica ci aiuta dunque a comprendere la genesi e la funzione della superstizione, ma a sua volta la debolezza morale del superstizioso accenna a determinati regimi esistenziali e a determinate strutture della società.
La superstizione e la magia fioriscono nelle società cosiddette primitive, dove il distacco dalle condizioni naturali non va oltre la raccolta e la caccia, o la pastorizia nomade, o l'agricoltura della zappa; si mantengono nelle civiltà cerealicole del mondo antico, almeno nella misura in cui la fondamentale economia agricola lasciava ancora largo margine alla precarietà dei beni, alla incertezza del futuro e alla insicurezza civile; e ancora oggi sopravvivono nelle aree arretrate della civiltà moderna non ancora raggiunte dalla trasformazione industriale, o anche presso quei ceti medi cittadini che vanno perdendo la funzione attiva che in altra epoca hanno avuto" 

Le fotografie dell'inchiesta dell'"Illustrazione Italiana"  vengono ora riproposte da ReportageSicilia insieme alle didascalie che le commentarono.
Quelle immagini e quelle  parole diventano così un documento del "sentimento di classe" che una parte della pubblicistica del Nord Italia mantenne allora nei confronti della realtà meridionale, "sangue ed anima" del così detto "boom economico". 

"Indovina di Comiso.
Utensili della sua professione sono le carte,
e viene consultata in genere per avere notizie di gente lontana.
Sovente la consultazione precede la richiesta
di fattura amorosa per 'legare' la persona amata"
  
Fra i soggetti di quegli scatti vi è una donna indicata come "indovina" a Comiso; si tratta forse di uno dei vecchi compaesani così descritti da Gesualdo Bufalino in "Museo d'Ombre", edito da Bompiani nel 1993:

"Fu con la mano nella mano di una vendicativa prozia che conobbi bambino le magarie di Donna Tònchila Scaglione. 
Magarie contro un baffuto seduttore in paglietta: il primo che da noi osasse uscire a braccio con una ballerina di varietà; l'unico di cui si conta e riconta che con le carezze della parola e le coltellate degli occhi, e abbagliandola con un riso di pròtesi d'oro, seppe persuadere al peccato la ricca zitella Maugerri Isidora, terziaria di San Francesco.
Ma in me in quel pomeriggio un'immagine sola resiste: d'una fotografia di lui, che brucia e si raggrinzisce in un ramaiuolo, mentre una voce adunca, di sotto un fazzoletto da testa color tanè, ripete narcoticamente incantevoli nomi di diavoli: Furcu, Rifurcu, Lurcu, Cataturcu..."