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lunedì 16 febbraio 2015

SICILIANDO














"Mi sono sempre sentito molto siciliano, e ancora adesso vado in Sicilia tutte le volte che posso.
Quando ero piccolissimo, il siciliano era la lingua che si parlava in casa, o meglio era quella che mio padre e mia madre parlavano, quando non volevano farsi capire da me.
Io sono cresciuto sui tetti di asfalto delle case popolari, bambini di ogni parte d'Europa.
Le lingue più diverse, alla fine veniva fuori una sinfonia, da quei tetti, come ha scritto Eugene O'Neill.
Era come i canti delle stive delle navi.
A quei tempi, si faceva un gran parlare del 'melting pot', cioè l'America era il posto in cui si mescolavano tutte le razze, e un giorno a scuola hanno organizzato una scenetta per cui una coppia di bambini andava a girare il mestolo da una grossa pentola.
Quando chiamarono me, avrò avuto otto anni, di fronte c'era una bambina italiana.
E la maestra diceva. 'Italy', era la prima volta che lo sentivo, io pensavo di essere solo siciliano.
Guardavo questa bambina e mi dicevo: è così che sono fatti gli italiani?"
Alfredo "Al" Pacino
figlio di Salvatore, da San Fratello, Messina
e di Rose Gelardi, da Corleone, Palermo
intervistato da Enrico Deaglio, "Il Venerdì" 13 febbraio 2015

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