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lunedì 9 febbraio 2015

SELINUNTE, LE ROVINE CHE RACCONTANO L'ORRORE DELLE GUERRE


Testimonianza della cultura greca nell'isola, i ruderi selinuntini simboleggiano da secoli le devastazioni provocate dai conflitti; nel 1957, Guido Piovene li indicò come il luogo della meditazione in Sicilia 


Uno scorcio del tempio C di Selinunte.
Le fotografie del post sono tratte dall'opera "Sicilia"
edita nel 1971 da Electa su commissione
della Banca Nazionale del Lavoro


L'area archeologica di Selinunte non è soltanto uno straordinario esempio di architettura della Magna Grecia in Sicilia e nel bacino del Mediterraneo.
Le colossali rovine della colonia fondata dai coloni siracusani di Megara Hyblaea, sono anche la testimonianza visibile degli effetti di una guerra su una città: distruzioni allora condotte con mezzi meno sofisticati rispetto all'era contemporanea, ma altrettanto rovinose e definitive.


Una veduta area dei templi

Allora come oggi, la guerra ebbe i suoi "effetti collaterali" tipici di ogni conflitto: razzie, violenze e massacri che costarono la vita a 16.000 selinuntini.
Altri 5.000 loro concittadini vennero invece fatti prigionieri e 3.000 invece vissero lo status di profughi.
La devastazione di Selinunte e dei suoi templi, compiuta dai Cartaginesi nel 409 avanti Cristo, a distanza di oltre due millenni si presente intatta ed impressionante ai visitatori.
Si tratta di una distruzione permanente, che nel corso dei secoli non è stata cancellata dalla riedificazione degli edifici, così come accaduto, ad esempio, per le città colpite dalle bombe del secondo conflitto mondiale.


Una veduta dell'area archeologica
con i resti dei templi D e C 

Selinunte è una città ridotta per sempre a rovina dal corso della storia; quei monumentali ruderi testimoniano così non soltanto l'impronta architettonica della Grecia in Sicilia, ma anche l'orrore delle guerre, capaci di cancellare le opere prodotte dall'ingegno e dal lavoro della civiltà.
Nel 1957, lo scrittore Guido Piovene paragonò gli effetti di quella distruzione bellica ad un "cataclisma in atto", e indicò le rovine di Selinunte come il luogo siciliano che più induce alla meditazione:  

"E' una delle tante discussioni oziose se sia più bella Selinunte, o Agrigento; ma il mondo greco - si legge in "Viaggio in Italia" ( Mondadori, 1957 )è così vario, anche restando nell'ambito della Sicilia!
Le sue rovine toccano tasti così diversi in noi!
Giacché in queste cronache abbiamo usato spesso, non trovandone di migliori, una parola impropria, romanticismo, diremo che per seduzione romantica non ancora insidiata né dalla vita moderna né dagli studi, Selinunte non ha l'eguale.
Qui non si vede né citta né villaggio, ma soltanto rovine sul terreno sabbioso.


Il colonnato del tempio E
ed una distesa di rocchi di altri templi

Si pensa ad uno stupendo verso del Tasso, 'e l'alta sua ruina il lido serba'. Unico non imminente pericolo la spiaggia balneare di Marinella, ancora embrionale e fuori del quadro.
Nella piana sono i tre templi, l'uno presso dell'altro, così detti orientali, contrassegnati con le lettere G, F, E dagli archeologi.
Quello G è colossale, di pochissimo meno vasto del tempio agrigentino di Giove.
Ma le rovine sono anche più impressionanti. Penetrando nei templi, si è circondati da una panoramica di massi come da un panorama di rupi; come su rupi vi si arrampica.
Tra pilastri, colonne, capitelli sbilenchi, arrovesciati alla rinfusa, si ha una specie di illustrazione della distruzione biblica, o dei giganti folgorati da Giove.


I templi F e G visti dal tempio E

Si direbbe di assistere ad un cataclisma in atto, quasi che un film riprendente dal vero un terremoto si fosse fermato d'un tratto, ed il crollo degli edifici apparisse fissato in un attimo di sospensione paurosa.
E' la contemplazione paradossale di un terremoto immobile, eppure vivo.
Non è una visione serena. Le rovine propagano un sentimento di apprensione, portano il senso di un castigo.
Sensazioni diverse si hanno raggiungendo l'Acropoli, sulla collinetta occidentale che sovrasta la spiaggia divisa da due strade in croce, e cinta da grandiose mura.
L'Acropoli chiude gli avanzi di almeno di almeno cinque templi nel più bel stile dorico. Ma le strade che la percorrono sono come sommerse dai cespugli, ricoprenti la cima piatta, punteggiati di bacche, misti a pietre che affiorano.


I resti del tempio D

Vi si nascondono gli uccelli e i conigli selvatici; l'assenzio dalla fronda chiara, piumosa, ed il prezzemolo selvaggio che diede a Selinunte il nome, variano il fondo scuro degli altri arbusti quasi macchie di luce.
E' forse questo il luogo della Sicilia che invita maggiormente alle soste meditative, tra fruscii d'animali e canti d'uccelli.
Sotto si vedono le spiaggette giallastre, e un mare d'un azzurro straordinariamente leggero, quasi infantile, da cui sale la brezza..." 


     

3 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  2. Due precisazioni: Selinunte non venne rasa al suolo dai Cartaginesi, ma da un terribile terremoto probabilmente tra il 700 e il 1000 d.c.
    Il Tempio G o di Zeus è più grande del tempio della Concordia di Agrigento ed è secondo solo al Partenone di Atene

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    Risposte
    1. La ricerca archeologica ha spesso messo in discussione la storia delle grandi civiltà.
      Lo stesso vale per quella delle colonie greche in Sicilia e per Selinunte.
      Qui, gli effetti di un terremoto hanno completamente devastato ciò che era rimasto in piedi dopo le guerre.
      Il racconto di Guido Piovene ricordato da ReportageSicilia risale ormai a 50 anni fa e, giocoforza, riportò i fatti secondo una visione del tempo ( e dello scrittore, che archeologo non era ).
      Grazie comunque per le Sue gentili precisazioni sugli eventi selinuntini che nulla tolgono alle impressioni che quelle rovine provocano oggi nel visitatore.
      ReportageSicilia

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