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mercoledì 28 maggio 2014

IL VERNACOLO SICILIANO DI PORTA NUOVA

Una pagina del critico d'arte Giuseppe Bellafiore individua nel noto monumento palermitano una chiave di lettura della cultura popolare dell'isola

Due dei quattro mori della facciata esterna di Porta Nuova.
L'opera palermitana venne costruita per celebrare
le vittoriose campagne di Carlo V in Africa.
ReportageSicilia ripropone una lettura
in chiave vernacolare del monumento
del critico d'arte Giuseppe Bellafiore.
La fotografia che illustra il post è di Gaetano Armao

ed è tratta dal volume
"Libro Siciliano", edito da Flaccovio nel 1970
 

"La faccia esterna della Porta Nuova è importante nella storia dell'arte tardo-cinquecentesca siciliana perché registra la prima felice reincarnazione in veste siciliana dello stilismo della continentale Maniera.
E' il primo monumento in cui il temperamento insulare, a più riprese presente in Sicilia fin dal tempo dell'esplosione cromatica dei templi greci arcaici, reagisce beneficamente alla crisi di un'età di transizione.
I quattro grossi telamoni sono i caricaturali pupazzi delle farse paesane, i buoni e passivi 'cattivi' delle favole popolari. 
E se è pur vero che l'arte si fa in questo caso folklore, si tratta di folklore legittimo di quello che, ad un livello provinciale è elemento costitutivo dell'orizzonte artistico".
Fra i molti modi di leggere un'opera architettonica, vi è anche quello di coglierne i segni del suo rapporto con i caratteri del costume e dell'indole locale.
L'efficacia e la pertinenza di questa lettura nel caso della Porta Nuova di Palermo - realizzata fra il 1583 ed il 1584 in piena età del Manierismo - furono dimostrate dalle considerazioni sopra citate di Giuseppe Bellafiore.
Il critico d'arte palermitano le espresse nel 1963 nell'opera "La Maniera italiana in Sicilia", edita da Palumbo Editore.
"La sua 'verve', la sua natura plastica e sanguigna registra l'incontro del Manierisno continentale italiano con il gusto indigeno dell'espressione colorita e forzosa.
Indubbiamente - concluse Bellafiore - la reinterpretazione in chiave di vernacolo è a danno della qualità ma non della resa espressiva che si fa generosa e sonora...".  




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