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venerdì 4 maggio 2012

LA DIFFICILE STRADA DELLO SVILUPPO NISSENO

Mietitori che dormono in piazza a Villalba - negli anni Sessanta dello scorso secolo - in attesa dell'alba.
Il paese della provincia di Caltanissetta - in quegli anni famoso per la figura del capomafia Calogero Vizzini - è incluso nella lista dei comuni nisseni coinvolti in un progetto di istituzione di una "zona franca della legalità".
Il piano, promosso da Regione Siciliana e ministero dell'Interno, dovrebbe promuovere lo sviluppo libero da condizionamenti criminali di una delle più povere province d'Europa.
L'immagine è tratta dal saggio di Michele Pantaleone 'Il sasso in bocca', Cappelli Editore, 1970

Ci sono molti esempi di quali siano le condizioni di estremo disagio sociale ed economico in cui – ancora nel 2012 e malgrado la difficile situazione italiana - vive la Sicilia.
Una delle aree più sofferenti è certamente la provincia di Caltanissetta, da molti anni agli ultimi posti delle classifiche nazionali in tema di occupazione, qualità della vita e di istruzione scolastica.

Anziani di San Cataldo, altro centro agricolo del nisseno nella lista dei paesi inclusi nella "zona franca della legalità".
Il progetto intende favorire gli investimenti economici, ridando così linfa alla società locale.
Senza un profondo cambiamento di ruoli e compiti  della politica siciliana, tuttavia, ogni ipotesi di sviluppo dell'isola rimane un'ingannevole aspettativa.
L'immagine è tratta dal volume 'Così ho tradito Cosa Nostra. Leonardo Messina, la carriera di un uomo d'onore', di G.Martorana e S.Nigrelli, edito nel 1993 da Musumeci Editore 

E’ una sofferenza complessiva del territorio, aggravata pure dalla tradizionale ingerenza della mafia, i cui interessi penalizzano – tramite le estorsioni e il condizionamento dei pochi appalti - buona parte dell’asfittica economia locale.
La considerazione – quasi una passiva presa d’atto, per quei tanti siciliani assuefatti e soffocati dall’arcaica presenza della mafia – torna di attualità dopo una delle ultime iniziative annunciate dalla Regione Siciliana, d’intesa con il ministero dell’Interno.

Corso Umberto I, cuore urbano di Caltanissetta.
Il capoluogo nisseno è da molti anni agli ultimi posti delle classifiche nazionali sulla qualità della vita.
L'immagine - attribuita a 'Bromofoto Milano' - è tratta da 'Sicilia' della collana 'Attraverso l'Italia', edita dal TCI nel 1961
La notizia riguarda l’istituzione di una “zona franca della legalità” nel nisseno, con il coinvolgimento di decine di paesi, fra i più poveri dell’intera provincia e della Sicilia: da Marianopoli a Campofranco, da Delia a Mazzarino, da Montedoro a Niscemi, da San Cataldo a Sommatino, da Villalba a Sutera.

Una strada di Villalba nei decenni passati.
La provincia di Caltanissetta paga oggi lo scotto di vecchi ritardi nelle politiche di svilippo sociale ed economico, in un territorio dove la parassitaria presenza della mafia è stata funzionale all'ascesa politica di amministratori locali e parlamentari regionali e nazionali.
Anche questa immagine è tratta dall'opera di Pantaleone 'Il sasso in bocca'  
Alcuni di questi centri rurali della provincia – dove i giovani non sperano più neppure in un futuro di immigrazione – rimandano ancora alla descrizione che ne fece Leonardo Sciascia una cinquantina di anni fa:
“Come gli uomini, così i paesi appaiono chiusi, ostili. Vi si arriva percorrendo campagne aride, di stentate colture: il grano, le fave; verdeggianti nell’inverno, a scacchi gialli e bruni nelle altre stagioni. Il poeta spagnolo Josè Maria Valverde dice questo paesaggio uguale a quello della Castiglia, ma ‘come contratto da una mano nervosa’; ed è verissima impressione… Il paesaggio ripete il motivo dell’insicurezza, sempre e comunque presente nella Sicilia interna; l’antica insicurezza cui la proprietà, come ogni cosa, come la vita stessa, è soggetta. Dolente, ossessivo tema della storia, della società, dell’individuo, del paesaggio siciliano: il tema della inseguridad”.

Bambini che giocano in strada a Campofranco.
Ai nostri giorni, gran parte dei paesi del nisseno stanno facendo registrare un netto decremento demografico; i pochi giovani non sperano neppure nella prospettiva dell'emigrazione.
L'immagine è di Carlo Anfosso ed è tratta da un reportage pubblicato sulla rivista del TCI 'le Vie d'Italia' nel luglio del 1962
La “zona franca della legalità” – che dovrebbe comprendere anche centri urbani più sviluppati, come la stessa Caltanissetta e Gela – nasce “con l’obiettivo di attrarre investimenti sul territorio, incentivare la crescita e rilanciare il tessuto socio economico della provincia, con la garanzia di vantaggi e sgravi fiscali a favore di quelle imprese in grado di rispettare tutti i parametri di legge e di opporsi a richieste criminali”.
L’intenzione del progetto è insomma quella di creare “un’area protetta da ogni fenomeno malavitoso o delinquenziale che, con il concorso delle istituzioni, salvaguardi gli investimenti, dia certezza alle imprese, realizzi un costante controllo delle attività, fornisca corsie preferenziali per l’apertura di nuove imprese e sia in grado di fornire servizi attraverso ‘uno sportello unico’ in tempi certi”.

Il boss nisseno di Mussomeli Peppe Genco Russo, rappresentante di quella mafia che negli anni Cinquanta e Sessanta dello scorso secolo ebbe rapporti strettissimi con la politica regionale.
Il progetto di "zona franca della legalità" per la provincia di Caltanissetta annunciato in questi giorni dalla Regione Siciliana affronta solo in linea di principio il problema di un sano sviluppo dell'economia nel nisseno. 
Anche questa immagine è tratta dal saggio di Pantaleone pubblicato nel 1970 
In linea di principio, l’istituzione da parte di Regione e Stato della “zona franca della legalità” è un lodevole tentativo di assicurare ad una delle province più povere d’Europa uno strumento di sviluppo.
Tuttavia, sembra a ReportageSicilia che non si possa immaginare il bene economico e sociale di un territorio – specie in Sicilia, e soprattutto nel nisseno - senza un profondo cambiamento di governare la cosa pubblica e di intendere la politica, azzerando interessi privati, sudditanze instaurate a fini elettorali con i mafiosi e tutela di piccoli e grandi comitati d’affari.

Il duplice omicidio, nel novembre del 1977, di Giuseppe Di Fede e Carlo Napolitano nella zolfara di Trabia, nei pressi di Riesi.
Le vittime erano i guardiaspalle del capomafia nisseno Beppe Di Cristina, che di lì a poco sarebbe stato a sua volta ucciso a Palermo.
La provincia di Caltanissetta è dal secondo dopoguerra pesantemente condizionata dall'ingerenza economica della mafia, soprattutto nel settore degli appalti pubblici, laddove il rapporto dei boss con la politica assume un ruolo primario.
Anche questa fotografia è tratta dal saggio 'Così ho tradito Cosa Nostra' edito da Musumeci Editore

Nessuna libertà d’impresa e nessuno sgravio fiscale potrà mai garantire lo sviluppo se non si sradicano in profondità le ragioni stesse dell’esistenza di mafia e delinquenza.
Si dirà che tutto ciò rischia di ripetere il già detto od il già letto.
L’insistere è però necessario, perché in questo minaccioso periodo di crisi globale - al termine del quale rimarranno in vita solo le economie più forti - la Sicilia non ha più tempo di aspettare le ragioni del suo progresso.











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